Un metodo per gestire i conflitti. L’esperienza di Rondine
Il Metodo Rondine vola in Mali grazie agli studenti formati in Italia con il progetto finanziato dalla Campagna "Liberi di partire, liberi di restare".
di Brigitte Togo, avvocato per la formazione e la gestione dei conflitti
Nei giorni scorsi si è tenuta, all’università pubblica FAST di Bamako, in Mali, una conferenza sulla gestione dei conflitti sul tema “Imparare a gestire i conflitti. Il metodo Rondine”. L’evento è stato moderato da Clément Sangaré e Brigitte Togo, ex studenti di Rondine che hanno terminato il percorso all’interno del progetto “Liberi di partire, liberi di restare” e continuano a collaborare con gli attuali studenti per lo sviluppo della società maliana.
Alla conferenza hanno preso parte una decina di associazioni studentesche delle diverse università e due rappresentanti di Caritas-Mali. L’obiettivo generale era quello di contribuire alla costruzione della pace e della coesione sociale in Mali, aiutando gli studenti a comprendere meglio i diversi concetti di conflitto e ad imparare a gestirli condividendo l’esperienza basata sul “Metodo Rondine”.
Originariamente, il termine “conflitto” si applicava a una situazione di lotta armata, nel combattimento tra due o più persone, organizzazioni o poteri, in guerra per il potere. Oggi, il si applica invece a qualsiasi opposizione che si verifica tra le parti della controversia in cui una parte desidera imporre le proprie posizioni contro le aspettative o gli interessi dell’altra. I conflitti, di solito dovuti a frustrazioni, esistono dalla creazione del mondo come dimostra la storia di Caino e Abele narrata nel libro della Genesi, nell’Antico Testamento.
Il conflitto svolge un ruolo di equilibrio e stabilizzazione del sistema sociale (Lewis Coser, Max Weber). Può portare separazione, divisione, sfiducia. A tal proposito, è stato presentato il metodo di Rondine, fondato su 5 parole: la persona, la relazione, la comunità, la politica e la festa. Diverse domande sono state poste dai partecipanti, tra cui quelle riguardanti l’adattamento del metodo all’attuale situazione in Mali; l’efficacia nella gestione della crisi nel Mali centrale; il ruolo delle donne nella costruzione della pace, nella coesione sociale.
Un dibattito acceso che ha permesso di far emergere la consapevolezza che non esiste una formula standard di gestione dei conflitti, ma che è necessario adattarlo a seconda del contesto specifico; ma anche che i conflitti fanno parte della nostra vita quotidiana e che se sono ben gestiti, arricchiscono le nostre relazioni e migliorano la nostra creatività. D’altra parte, se gestiti male, possono distruggere tutti i tipi di relazioni umane.