Superare le paure per andare incontro all’altro
Nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, papa Francesco invita a non farsi condizionare dalle paure.
“Nell’incontro vero con il prossimo, saremo capaci di riconoscere Gesù Cristo che chiede di essere accolto, protetto, promosso e integrato?”. Papa Francesco lo ha chiesto ad alta voce nell’omelia della messa celebrata nella Basilica di San Pietro in occasione della Giornata Mondiale del Migrante. “L’incontro vero con l’altro – ha spiegato – non si ferma all’accoglienza, ma ci impegna tutti nelle altre tre azioni che ho evidenziato nel Messaggio per questa Giornata: proteggere, promuovere e integrare”.
“Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze”, ha ammesso Francesco sottolineando che “così spesso rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci”. “Le comunità locali, a volte – ha rilevato il Papa – hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, ‘rubino’ qualcosa di quanto si è faticosamente costruito”. Ma “anche i nuovi arrivati – ha aggiunto – hanno delle paure: temono il confronto, il giudizio, la discriminazione, il fallimento”. Secondo Bergoglio, “queste paure sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano”. Se “avere dubbi e timori non è un peccato”, è peccato “lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto”. “Il peccato – ha continuato – è rinunciare all’incontro con l’altro, all’incontro con il diverso, all’incontro con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata di incontro con il Signore”.
Di qui l’invito a “superare le nostre paure per poter andare incontro all’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo”. Questo atteggiamento deve caratterizzare sia “i nuovi arrivati” per i quali “accogliere, conoscere e riconoscere significa conoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti” e “comprendere le loro paure e apprensioni per il futuro”, ma anche “le comunità locali” chiamate ad “aprirsi alla ricchezza della diversità senza preconcetti, comprendere le potenzialità e le speranze dei nuovi arrivati, così come la loro vulnerabilità e i loro timori”.