Sayadur: storia di un’integrazione possibile
Ex ambulante, oggi è il tutor del laboratorio di pasta fresca dove le vittime della tratta riconquistano la loro dignità.
Sayadur Rahman, 27 anni, è originario del Bangladesh. Arriva in Italia, a Napoli, e lavora prima in una fabbrica di vestiti e poi come venditore ambulante. Ma il suo viaggio continua: va in Sicilia, torna a Napoli, fa tappa a Bologna e a Roma. Nel 2015 però si stabilisce a Catania e riprende a svolgere la sua attività di ambulante. Un giorno, alla sua bancarella si avvicina suor Rosalia, della Divina Provvidenza: un saluto, qualche battuta e un invito per il pranzo di Natale. Inizia così un’amicizia e in breve tempo la religiosa diventa per Sayadur “un punto di riferimento”. Così quando gli scade il permesso di soggiorno, non ci pensa due volte e chiede aiuto proprio a suor Rosalia che, d’accordo con le consorelle, decide di accoglierlo a casa. Pian piano Sayadur si inserisce, frequenta la scuola serale, capisce “come funziona la vita in comunità”, dà una mano facendo i turni in portineria, ma soprattutto comincia un cammino di formazione.
Impara a fare la pasta, la pizza, i biscotti. Oggi è il tutor del laboratorio di pasta fresca nato grazie al finanziamento della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare” per sostenere le ragazze vittime della tratta, arrivate nel nostro Paese con un bagaglio di torture e violenze. “Devo dire grazie di cuore a suor Rosalia. Ho fatto tanta esperienza e ora sono felice”, confida Sayadur mentre il sorriso che si dipinge sul suo viso racconta più di più di quanto le parole riescano ad esprimere. Perché la sua è una storia di riscatto, esempio di un’integrazione riuscita e di un futuro possibile per tante giovani donne, alcune minorenni, che hanno visto i loro sogni infrangersi contro la brutalità della tratta.