Senza le donne non c’è vero sviluppo
La testimonianza di Turkan Mukhtarova (Georgetown University) che fa ricerca sui temi della disparità di genere e della violenza sulle donne.
Una laurea in Relazioni Politiche Internazionali presso l’Università di Baku in Azerbaijan e un master in Foreign Service – Economic development alla Georgetown University di Washington. Vincitrice degli Open Society Foundation – Civil Society Leadership Awards, Turkan Mukhtarova ha 26 anni e oggi lavora come ricercatrice presso il Georgetown Institute of Women, Peace and Security di Washington.
«I miei progetti di ricerca studiano lo sviluppo economico in relazione alle questioni di genere, in particolare l’occupazione e l’emancipazione femminile in contesti domestici e sociali violenti». È di qualche giorno fa la pubblicazione del rapporto Oxfam 2020 sulle diseguaglianze sociali ed economiche, Time to Care. Aver cura di noi che presta particolare attenzione «al lavoro domestico sottopagato e a quello di cura non retribuito che grava, in tutto il mondo, soprattutto sulle donne. Un lavoro che consiste nel prendersi cura dei bambini, dei malati e degli anziani, svolgere la maggior parte del lavoro domestico, lavorare precariamente ed essere tra l’altro soggette alla violenza sociale e a quella in famiglia».
«La violenza domestica – dice Turkan – continua ad essere una delle forme più gravi e diffuse di violazione dei diritti umani soprattutto per le donne».
La giovane ricercatrice fa un passo indietro e ci accompagna in un ragionamento. L’esperienza sul campo e molti studi sperimentali mostrano che intervenire sulle disparità di genere e portare più donne nel mondo del lavoro ha un rendimento alto in termini di sviluppo, soprattutto (ma non solo) nei Paesi con un’elevata incidenza della povertà. A partire dal riconoscimento del lavoro di cura. Un lavoro che crea valore, ma che oggi è ancora sfruttato, invisibile, non pagato.
Dunque, investire per e sulle donne è uno degli strumenti per correggere la diseguaglianza. Avere più donne nel mondo del lavoro migliora le condizioni di vita delle famiglie, particolarmente dei bambini e delle bambine (alimentazione, salute e istruzione) e ha effetti positivi sulla massa fiscale, previdenziale e sulla domanda di servizi.
«Il ventunesimo secolo ha portato ad un’enorme crescita economica in tutto il mondo – sottolinea Turkan –. Gli standard di vita sono migliorati grazie al progresso tecnologico e all’uso dei combustibili fossili. Tuttavia, questi risultati sono costati moltissimo all’umanità e al nostro pianeta: la Terra è ai limiti della sostenibilità e siamo nell’era della disuguaglianza più estrema della storia».
Turkan vede due possibili scenari futuri: uno parla di disastri, l’altro sussurra speranza. «Come giovane ricercatrice conosco la difficile situazione in cui si trova il nostro pianeta. Tuttavia, so che c’è una strada da percorrere per far fronte a questi problemi, a partire anche da me e dal mio lavoro di studiosa».
Ripensare i modelli economici, affrontare il tema del lavoro, stabilire politiche nazionali ed internazionali di intervento efficaci e decisive. «Ma ci sono anche fattori culturali da prendere in considerazione – aggiunge Turkan –. L’Oms calcola che in tutto il mondo una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale nella sua vita. È un problema di salute pubblica, di violazione dei diritti umani. E molto spesso anche di percezione distorta da parte delle donne stesse».
Turkan ci racconta di uno studio che ha realizzato (dati del Demography and Health Survey, 2006, Azerbaijan) sugli effetti di contesti domestici violenti sul lavoro e sull’emancipazione femminili, a partire dalla percezione della violenza subita.
Abusi fisici, psicologici o sessuali; aggressività, coercizione e atteggiamenti di controllo perpetrato su donne sposate. «Dagli studi emerge che avere un potere decisionale-economico sulle questioni familiari più elevato diminuisce la probabilità di giustificazione della violenza domestica da parte della donna mentre donne provenienti da famiglie più povere e con minori opportunità di lavoro e istruzione mostrano una probabilità più alta di approvazione della violenza subita. Una percezione che rappresenta un ostacolo alla loro emancipazione».
Investire nel capitale sociale ed economico di una donna e favorirne l’accesso al sistema economico significa migliorare la vita delle donne, delle famiglie e garantire migliori opportunità anche per le generazioni future.«Partecipare all’Economy of Francesco, per contribuire e imparare, mi aiuterà a comprendere le cause di disuguaglianza, povertà ed emarginazione che attraversano confini, culture e lingue di tutto il mondo. Credo che possiamo costruire società sostenibili e sviluppare teorie e modelli più giusti se mettiamo insieme idee innovative. Solo attraverso la comprensione delle complessità del mondo che ci circonda possiamo definire politiche migliori per tutti».
Un’ultima riflessione, personale. «Il mio viaggio di giovane donna da una piccola città tra le montagne del Caucaso alle aule di una delle principali istituzioni del mondo, dimostra che tutto è possibile nella vita se c’è determinazione, una buona guida e la speranza. Non vedo l’ora di partecipare all’Economy of Francesco, soprattutto per quello che ne verrà: sono sicura che sarà una spinta per tutti noi a essere portatori di una nuova economia, una volta tornati a casa e ovunque la vita ci porterà».
Fonte: Avvenire