Per il futuro della Nigeria

Per il futuro della Nigeria

"La questione della migrazione non sarà mai risolta sollevando barriere, fomentando la paura degli altri o negando assistenza". La testimonianza di Jane Frances, studentessa di Rondine.

di Jane Frances, studentessa di Rondine

Coloro che migrano lo fanno per la sopravvivenza, per cercare una migliore qualità della vita. Tuttavia, in questi casi, le interruzioni della vita sono inevitabili: l’interruzione dell’occupazione, l’alienazione, la privazione. La disoccupazione ha un forte impatto sul modo in cui le persone sperimentano la migrazione. Immaginate cosa significhi questo in un Paese devastato dalla guerra.
Mi chiamo Jane Frances e vivevo in Africa prima di essere scelta per il percorso promosso da Rondine Cittadella della Pace. Sono originaria della Nigeria e sono nata negli anni ’90. Prima che io nascessi, nel mio Paese c’è stata una guerra civile che è iniziata nel 1967 e si è conclusa nel 1970 con il risultato di nessuna vittoria, nessun guadagno. In Nigeria vivono oltre 250 gruppi etnici, ma i 3 principali sono: Hausas, Yorubas e Igbos.
I miei nonni sono stati colpiti da questo conflitto. Quando è iniziata la guerra in Biafra, hanno  dovuto forzatamente abbandonare l’area, lasciando le loro attività, proprietà, risorse e, cosa peggiore di tutte, hanno perso i collegamenti tra loro. È stato terrificante perché c’era il caos dappertutto, l’invasione nel territorio del Biafra, i bombardamenti, i colpi di arma da fuoco da tutte le angolazioni; le case sono state incendiate, i mercati distrutti, le aziende bruciate, le vittime hanno assistito alla morte delle loro famiglie. È stato un momento di confusione e distruzione. Sono stati tre anni di spargimento di sangue senza fine, di inedia perché il caos ha frenato l’aiuto umanitario dall’esterno. Il mio bisnonno si è ammalato ed è morto nel campo profughi. Nessun guadagno, nessuna vittoria.
La dichiarazione di pace ha abolito lo stato del Biafra sollecitando le persone a vivere come una sola e unica Nigeria.  Dopo questa dichiarazione, però, molti feriti sono rimasti senza cure adeguate, altri non avevano più una casa e alcune vittime che avevano perso beni e proprietà sono state risarcite dallo Stato con un centesimo. I miei nonni, dopo la grande perdita, hanno dovuto rimettere insieme i pezzi della loro vita.
La guerra ha provocato cambiamenti non solo per la gente, ma anche per il Paese e il suo percorso. Questa è la parte più oscura della storia della Nigeria. E cosa ci riserva il futuro?  L’immigrazione globale è aumentata notevolmente negli ultimi dieci anni: quali fattori guidano l’immigrazione? Quali sono le principali sfide da affrontare in futuro? Questo fenomeno può essere completamente interrotto? L’efficacia delle politiche di immigrazione è stata ampiamente contestata. Nell’ultimo decennio, gli Stati hanno compiuto degli sforzi per regolamentare e limitare l’immigrazione ma hanno fallito. Oggi, questi fattori che spingono all’immigrazione non sono altro che squilibri del mercato del lavoro, disuguaglianza nella ricchezza e conflitti politici nei paesi di origine. Piuttosto che influenzare i volumi complessivi di afflusso, le politiche di immigrazione dovrebbero principalmente affrontare i modi in cui le persone emigrano, ad esempio attraverso un numero maggiore di migrazioni familiari o mezzi di ingresso irregolari.
Ho studiato business administration e so bene che anche gli africani hanno le loro colpe, a partire dai leader corrotti, che non guidano, che non si assicurano che il denaro destinato alle persone venga in realtà usato per costruire infrastrutture e anche istituzioni che possano aiutare le persone.
Oggi la disoccupazione è ancora al vertice e nel mio Paese è una delle cause principali delle migrazioni.
Gli Stati hanno mezzi limitati per controllare l’immigrazione e non è certo violando i diritti umani (come quello di unificazione familiare e la protezione dei richiedenti asilo, dei bambini e di altri gruppi vulnerabili) che si può ottenere questo risultato. La questione della migrazione non sarà mai risolta sollevando barriere, fomentando la paura degli altri o negando assistenza a coloro che aspirano legittimamente a una vita migliore per sé stessi e le loro famiglie. Ma questi non sono un limite anzi un’opportunità per uno sviluppo integrale del mio Paese e dell’Africa in generale. Ecco perché il progetto che voglio sviluppare nel mio percorso a Rondine si fonda sulla tutela dei diritti umani, in particolare sui diritti dei bambini nelle comunità rurali della Nigeria, dove la violazione è predominante. Perché salvare i bambini e difendere i loro diritti significa aiutarli a realizzare il loro potenziale, promuovere la libertà individuale, potenziare (dare più sicurezza e forza a questi bambini) e produrre uno sviluppo importante della società anche attraverso reti e partenariati internazionali che promuovano politiche per ampliare l’accesso ai servizi. Come dice il proverbio: se c’è vita, c’è speranza. Ma è sicuramente un nostro dovere prendercene cura.