Sulla pelle delle persone
"Stiamo trasformando il nostro mare in zona di frontiera: questo limiterĂ la libertĂ di tutti e ridurrĂ in futuro anche i nostri diritti", denuncia padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli.
di p. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli
Il prossimo 20 giugno celebreremo la Giornata mondiale dei Rifugiato. L’anno che ci lasciamo alle spalle sarà ricordato come quello in cui il Mediterraneo invece di essere il luogo dell’incontro di popoli di diverse culture è diventato teatro di spettacoli ogni volta più surreali, il luogo delle prove di forza sulla vita delle persone. In più di un’occasione, infatti, abbiamo dovuto tristemente assistere a un braccio di ferro tra Governo italiano e Ong o tra Governo italiano e Paesi dell’Unione europea. Il tavolo della trattativa si è trasferito sul corpo dei migranti non liberi di partire, prigionieri a diverse latitudini del cinismo o dell’interesse di qualcuno. Eppure non ce ne sarebbe stato motivo, se consideriamo che gli sbarchi su tutte le coste europee nel 2018 sono stati poco più di 120 mila. La diminuzione degli arrivi è soprattutto legata agli accordi con la Libia e al conseguente incremento delle operazioni della Guardia costiera: l’85% dei migranti soccorsi o intercettati nel Mediterraneo sono stati riportati in Libia e lì detenuti in condizioni che le Nazioni Unite hanno definito inaccettabili. Quindi la partita più importante si è giocata non in mare, ma in un Paese il cui conflitto si è andato sempre più deteriorando nel corso degli ultimi mesi, mettendo a repentaglio la vita di tanti innocenti già gravemente provata.
In Italia poi gli arrivi via mare sono calati drasticamente nel 2018, ben l’80% in meno rispetto al 2017 (23.371 arrivi a fronte dei 119.369 dell’anno precedente) e il trend si conferma anche per i primi 6 mesi del 2019 (1561 persone arrivate in Italia fino al 30 maggio con un calo circa il 90%). La diminuzione degli arrivi però non può e non deve essere considerata una buona notizia. I potenziali rifugiati raggiungono a fatica l’Europa, l’Italia. L’aver ridotto drasticamente ogni azione di soccorso e ricerca in mare da parte dei governi dell’Unione europea e delle Ong non ha risolto il problema della mancanza di vie legali di accesso alla protezione: ha reso solo meno visibili le sue tragiche conseguenze. L’aver propagandisticamente dichiarato la chiusura dei porti non ha risolto il problema di quelle migliaia di migranti che vivono ai margini nel nostro Paese e nella nostra Europa.
Quei viaggiatori non qualificati, così come ogni giorno declassiamo decine di donne e uomini e bambini (non dimentichiamo che nel mondo oltre il 50% di questi migranti forzati sono minorenni), che pur avendo il diritto di vivere sereni nei propri Paesi o legittimamente di partire liberamente per trovare la felicità (aspirazione che accomuna tutti), si spostano subendo il regime delle frontiere alla mobilità , che noi gli stiamo imponendo e che li rende meno liberi, che li rende meno uomini. Ma non si tratta solo migranti, come ci ricorda papa Francesco nel Messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato 2019. Scriveva lo scrittore Predrag Matvejevic nel suo Breviario mediterraneo: «Il Mediterraneo non è solo geografia. I suoi confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo: sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali: somigliano al cerchio di gesso che continua a essere descritto e cancellato, che le onde e i venti, le imprese e le ispirazioni allargano o restringono». Al contrario noi stiamo trasformando il nostro mare in zona di frontiera; questo limiterà la libertà di tutti e ridurrà in futuro anche i nostri diritti. Bisogna invece tornare a sognare insieme un futuro possibile immaginare una realtà di opportunità e di pace.