Il massacro dei cristiani in Nigeria: un nuovo punto di vista

Il massacro dei cristiani in Nigeria: un nuovo punto di vista

La riflessione di Stephen e Jane Frances, studenti nigeriani di Rondine.

Gli attuali omicidi nella più popolosa nazione africana del mondo, la Nigeria, sono stati un incubo non solo per chi è stato direttamente colpito, ma anche per coloro che hanno la fortuna di essere dall’altra parte del conflitto. Cercare le opinioni di coloro che affrontano direttamente queste sfide o di coloro che vivono sulla propria pelle i traumi legati al conflitto attraverso i social media potrebbe sembrare un buon mezzo per comprendere i motivi che stanno dietro a questi omicidi, ma la maggior parte delle volte queste storie sono raccontate secondo la percezione individuale di questi conflitti.  Di fatto, il Paese rimane in balia di gruppi crudeli di terroristi, banditi e dei cosiddetti mandriani.
Questi attacchi sono devastanti per le persone che vivono nelle regioni colpite e hanno diffuso la paura nelle vite della comunità, creando così una divisione tra i gruppi etnici e religiosi.
Le uccisioni in Nigeria sono state per lo più riconosciute come effetti di una crisi religiosa e molti cristiani sono stati colpiti nel massacro compiuto nella parte settentrionale del Paese, prevalentemente occupata dai musulmani, e quindi percepito come un’operazione per ridurre la popolazione dei cristiani in Nigeria. In realtà queste uccisioni hanno colpito anche i musulmani, dal momento che il gruppo terroristico Boko Haram non lascia “pietre intatte”, come si dice in Nigeria. Eppure la società musulmana ha negato ogni coinvolgimento nella missione degli estremisti. Di recente c’è stato un attacco nel quale 11 musulmani di Hausa sono stati uccisi a Makurdi, la capitale dello stato di Benue. Questa azione potrebbe essere considerata una rappresaglia per gli attacchi contro le chiese cristiane? Secondo un’altra opinione, le uccisioni sono legate alla politica che ha voluto strumentalizzare i conflitti religiosi finendo per acuirli. Purtroppo sappiamo quanto ancora sia grave in questo ambiente il problema della corruzione e che molti politici sono solo alla ricerca del potere e non si curano del bene pubblico, del benessere delle masse.
Le persone vengono massacrate senza scrupoli e le domande rimangono: cosa stanno facendo i leader al riguardo? Dove sono i leader che ci hanno promesso sicurezza e sviluppo? Cosa è successo alle leggi che proteggono la vita e le proprietà umane? È davvero molto doloroso osservare come il valore della vita sia svanito nel nulla. Ecco perché vediamo la campagna triennale di Rondine “Leaders for Peace” come una possibile via d’uscita: tutte le speranze non sono ancora perse. La campagna incentrata sulla formazione di leader di pace è diventata uno strumento per responsabilizzare le giovani menti affamate di una soluzione migliore per risolvere le situazioni drastiche all’interno dei loro Paesi con capacità di leadership utili a fornire una soluzione duratura a queste situazioni che i leader sembrano non essere in grado di gestire. La campagna chiede ai governi di impegnarsi nella formazione dei leader di domani attraverso un passo piccolo ma possibile, concreto. Siamo felici che proprio in questi giorni il Premier italiano, Giuseppe Conte, abbia sostenuto l’iniziativa impegnandosi a donare l’equivalente di cinque fucili per borse di studio. Spero che questo gesto possa muovere anche il nostro Governo a sostenere l’appello perché questo sarebbe davvero l’inizio di un’era nuova anche nella storia della Nigeria.
Nessuno dovrebbe essere ucciso, nemmeno un bambino.