Per un mondo più fraterno
Di fronte a "tante incognite", "ci farà bene ripartire col passo umile di chi cerca ciò che unisce e non ciò che divide", afferma don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo.
Mentre ancora si combatte contro il Coronavirus, di fronte a “tante incognite”, “ci farà bene ripartire col passo umile di chi cerca ciò che unisce e non ciò che divide”. Ne è convinto don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, per il quale “nello spirito con il quale abbiamo pregato il 14 maggio insieme a tutti gli uomini e donne di tutte le religioni” è necessario “impegnarci per un mondo più fraterno che metta al centro la vita umana e non l’economia che uccide, che quando parla degli altri si ricordi che parliamo di persone e non di numeri, che non scarti nessuno”.
Il Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato si intitola “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Quei quattro verbi – che sono alla base della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare” – ritornano ancora una volta. Perché?
Perché sono fondamentali. Ci aprono ad una visione umana dell’altro che bussa alla nostra porta – non sono numeri, sono persone – e ci stimolano ad atteggiamenti concreti sempre nuovi che non finiremo mai di cercare con la fantasia della carità, nella testimonianza di vita cristiana ed umana e nell’impegno personale, sociale e politico. Papa Francesco, con questo messaggio ci aiuta a attuare quei quattro verbi, indicandoci altre sei coppie di verbi che portano a modi di agire veri, capaci di incidere in questa sfida pastorale e sociale: conoscere per comprendere – farsi prossimo per servire – riconciliarsi ascoltando – crescere condividendo –coinvolgere per promuovere – collaborare per costruire. Leggere questi paragrafi con attenzione ci farà bene.
“Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto”, scrive Papa Francesco nel Messaggio per la 106° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Con la Campagna Cei, ma anche con gli interventi caritativi a favore dei Paesi poveri, l’opera della Chiesa non si ferma all’assistenzialismo…
In questo passaggio Papa Francesco dice che anche la pandemia ci ricorda l’importanza della corresponsabilità. A me fa riflettere il fatto che dobbiamo portare la mascherina più per proteggere gli altri che non noi stessi. Ma non basta fare le cose per gli altri, bisogna imparare a farle con gli altri. Solo quando ci sarà vera reciprocità, riconoscendo a tutti la libertà di esistere e di avere una vita dignitosa, impareremo ad ammettere i più poveri ai tavoli delle negoziazioni e renderli protagonisti del loro riscatto. Nella mia esperienza di prete fidei donum ho potuto constatare che le migliori iniziative calate dall’alto vanno incontro al fallimento se non c’è questo coinvolgimento che promuove.
La Campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare” ha preso le mosse proprio da questo atteggiamento, coinvolgendo in primis i Pastori delle Chiese locali e le Organizzazioni di volontariato operanti nei territori da cui partivano i minori non accompagnati. Anche nelle diocesi italiane dove tanti di essi sono stati accolti, si è cercato di realizzare progetti con loro e non soltanto per loro.
La stessa attenzione cerchiamo di averla anche per quel che riguarda i finanziamenti ordinari del Servizio interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo. I progetti di formazione e di sviluppo delle persone e delle comunità, finanziati con fondi 8xmille, provengono dalle realtà locali e sono espressione dei bisogni delle popolazioni di quei territori spesso di periferia.
La pandemia traccia una linea di separazione netta tra il prima e dopo. Quale eredità lascia la diffusione del Coronavirus a livello sociale ed ecclesiale? Cosa abbiamo imparato?
Riallacciandomi a quanto ho già detto prima, spero abbiamo imparato a “sentire” l’altro, ad accorgerci dell’altro, e del Creato, tutto è collegato dice la Laudato Si’. Siamo tutti sulla stessa barca, abbiamo detto a Bari, anche se c’è chi viaggia in prima classe e chi sta in fondo alla stiva a spalare carboni, ma se affondiamo affondiamo tutti, se ci salviamo ci salviamo tutti. Il prima e il dopo, come pure il durante non è, e non sarà uguale per tutti, soprattutto economicamente e socialmente parlando. Ma spero saremo cresciuti nella consapevolezza della nostra vulnerabilità, per fare di questo nostro limite un punto di forza da cui partire, imparando sempre più a “collaborare per costruire”… “Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”. (Papa Francesco)
I Paesi poveri si trovano anche loro a fare i conti con il Coronavirus, un dramma che si aggiunge alla fame, alle guerre, ai problemi ambientali. Quale è la situazione attuale?
Purtroppo sì, alcuni lo sono in modo più forte altri meno, ma tutti subiranno le conseguenze dei blocchi e delle chiusure preventive, e dove non colpirà forte il Covid 19, colpiranno comunque le sue conseguenze, aggravando in particolare la pandemia della fame. La CEI, pur tempestata dalla grave situazione della pandemia in Italia, non ha voluto dimenticare i Paesi poveri, verso i quali è sempre molto attenta. Attraverso il Servizio interventi caritativi e la Caritas Italiana ha espresso due manifestazioni di interesse per l’Emergenza Covid 19 in Africa e nei Paesi poveri, stanziando 9 milioni di euro dai fondi 8xmille destinati al Terzo Mondo, per progetti sanitati e formativi finalizzati a proteggere e formare il personale sanitario e le popolazioni locali.
Si sta per chiudere il mese di maggio dedicato alla Madonna (il primo maggio, i Vescovi italiani hanno affidato il Paese alla Vergine) e si apre una stagione estiva con mille incognite. Con quale passo bisogna ripartire?
Penso che ogni credente, in questo tempo sospeso, ed in particolare in questo mese dedicato a Lei, abbia cercato e vissuto la vicinanza materna di Maria, a Lei ci affidò Gesù stesso dall’alto della croce nel momento del dolore più alto. Sotto la sua protezione abbiamo cercato rifugio, affidando a Lei le nostre paure e insicurezze, le persone che ci hanno lasciato, quelle che lottano con la malattia e quelle che fanno fatica ad andare avanti. A Lei affidiamo ora le nostre speranze, come Giovanni prendiamo Maria nella nostra casa e con Lei attendiamo fiduciosi la risurrezione.
Di fronte alle tante incognite che stanno davanti a noi, credo ci farà bene ripartire col passo umile di chi cerca ciò che unisce e non ciò che divide. E nello spirito con il quale abbiamo pregato il 14 maggio insieme a tutti gli uomini e donne di tutte le religioni, impegnarci per un mondo più fraterno che metta al centro la vita umana e non l’economia che uccide, che quando parla degli altri si ricordi che parliamo di persone e non di numeri, che non scarti nessuno.