Don Di Mauro: un impegno fattivo

Don Di Mauro: un impegno fattivo

L’iniziativa “Liberi di partire, liberi di restare” si è sviluppata "sia su un piano pastorale, culturale e formativo, sia attraverso progettazioni mirate e concrete", ha ricordato il responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo.

Pubblichiamo il testo dell’intervento finale di don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, all’evento conclusivo della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare”. 

 

L’iniziativa “Liberi di partire, liberi di restare” promossa dalla Conferenza episcopale italiana si è sviluppata sia su un piano pastorale, culturale e formativo, sia attraverso progettazioni mirate e concrete. Sono stati sostenuti 130 interventi per oltre 27 milioni di euro con un’attenzione particolare ai minori, negli ambiti dell’inclusione sociale, dell’educazione, della sanità, della promozione di opportunità lavorative, dell’accompagnamento di rientri volontari. Un impegno fattivo, per dimostrare che politiche di cooperazione volte a uno sviluppo integrale di persone, comunità e territori sono realmente possibili. Ma anche una testimonianza dell’impegno della Chiesa italiana perché cresca la consapevolezza delle storie di chi fugge, si sperimentino percorsi di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti che arrivano tra noi, e non si dimentichi il diritto di ogni persona a vivere nella propria terra.

Un impegno che certamente non si esaurisce con questa Campagna – che tra l’altro vede ancora molti progetti in corso – ma che continua sia a livello nazionale, sia sui territori, nella quotidianità. La speranza è di aver contribuito a innescare prassi virtuose, attraverso percorsi innovativi, capaci di avvicinare le persone, le loro storie e le loro fragilità. E aprire così gli occhi per riuscire a vedere fratelli e non nemici, trovare il coraggio di prendere posizione e di realizzare gesti, anche piccoli ma concreti. “L’affermazione che come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle – evidenzia Papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti – ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte”.

Sfide e risposte che diventano ancor più complesse quando si tratta dei milioni di sorelle e fratelli migranti. Come infatti emerge dal XXIX Rapporto sulle migrazioni Caritas-Migrantes presentato nei giorni scorsi, la crescita dei movimenti migratori nel mondo e in Europa non accenna a diminuire. Nel 2019 il numero di migranti internazionali è aumentato attestandosi a circa 272 milioni, pari al 3,5% della popolazione mondiale. In 50 anni il numero di immigrati nel mondo è quasi quadruplicato (era pari a 84 milioni nel 1970). Dati che devono farci riflettere.

Un’ultima considerazione su questo tempo che siamo chiamati a vivere. Tempo di pandemia e di conseguenze sanitarie, economiche, sociali che toccano tutti e in modo ancora più profondo i più poveri e i meno tutelati, acuendo gli squilibri già presenti. In effetti, come è evidenziato nel citato Rapporto sull’immigrazione, l‘epidemia di Covid-19 nel mondo ha colpito in maniera diversa anche all’interno dei singoli Paesi. Ad esempio negli Stati Uniti, i neri americani continuano a sperimentare più del doppio dei tassi di mortalità da Covid, rispetto a quelli dei bianchi e degli asiatici.  Si conferma pertanto il fatto che le diseguaglianze e le differenze culturali, comportamentali e socio-economiche tra gruppi etnici possono influenzare la diffusione virale. Un fenomeno causato proprio da fattori quali la convivenza di più nuclei familiari nella stessa unità abitativa, l’esposizione professionale, lo status socio-economico e – in ultima istanza – la povertà.

Consapevole di questo, la Presidenza della Cei accanto agli oltre 200 milioni di euro per le Diocesi italiane, ha incaricato il Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo e la Caritas Italiana di elaborare una strategia d’azione urgente intervenendo sul piano sanitario e su quello formativo nei Paesi più colpiti dalla pandemia, sempre in collaborazione con le Chiese locali, e ha messo a disposizione 9 milioni di euro dai fondi dell’otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per finanziare 541 progetti in 65 Paesi.

Purtroppo anche nel nostro Paese si registrano notevoli squilibri. Questa crisi ha penalizzato ulteriormente le famiglie immigrate, anche a causa di una situazione lavorativa e logistica che già in partenza si presenta notoriamente più debole di quella degli italiani. Realtà su cui riflettere per un futuro che punti ad uno sviluppo umano davvero integrale. Per tutti.

Tornando alla campagna “Liberi di partire, liberi di restare” desidero ringraziare tutti i compagni di viaggio, tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questa iniziativa:

  • prima fra tutti la Presidenza CEI che ha promosso e sostenuto la Campagna;
  • i 5 uffici che hanno composto il Tavolo Migrazioni, nelle persone dei Direttori e dei collaboratori, per aver lavorato insieme riunendosi quasi mensilmente;
  • l’Ufficio comunicazioni sociali, in particolare Stefania Careddu per la parte formativa e comunicativa;
  • i teologi che hanno accompagnato la campagna con le loro riflessioni;
  • e per finire i protagonisti, ossia tutti gli operatori che – nei Paesi di partenza, nei Paesi di transito e in Italia – hanno dato vita ai 130 progetti della Campagna.

A tutti rivolgo l’invito a continuare nel mettere insieme impegno e preghiera perché la tragedia della pandemia si fermi, e si fermino anche le molte altre pandemie, come quella della fame, della guerra, dei bambini senza educazione… Tutti insieme e ciascuno nella propria quotidianità cerchiamo di sperimentare in modo costante la “creatività dell’amore”, dando vita e alimentando ulteriori percorsi, sempre nuovi e originali, per il bene comune.