La corruzione, madre dei vizi
“Invece di lavorare sulle cause dei mali e trovare risposte, si vogliono eliminare le vittime: con le migrazioni sta accadendo questo a ogni latitudine della terra”, denuncia don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei.
Per il Papa è una certezza, come evidenzia il titolo del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. Ma perché la buona politica non può che essere a servizio della pace?
Ancora una volta il Papa ci sorprende! Il suo messaggio per la 52° Giornata Mondiale della Pace porta a riflettere sul tema della buona politica. C’è oggi particolarmente bisogno di quelli che Francesco definisce gli «artigiani della pace»: una espressione un po’ rude ai nostri orecchi, ma che rende bene l’idea. La pace la si costruisce nel quotidiano, nelle scelte legislative, nella capacità di ascolto, nella valorizzazione delle persone, nella volontà di tessere legami… La sfida è tra una politica al servizio del bene comune e una che si serve per creare sacche di emarginazione e di povertà. Beati quei politici credibili, coerenti e liberi dall’ossessione del consenso a tutti i costi. La meditazione del Papa vola alto e non lascia spazio a cuori aridi o a politiche di piccolo cabotaggio.
Nel Messaggio, papa Francesco mette in luce i vizi della politica e li definisce “la vergogna della vita pubblica”. Oggi che cosa mette a rischio la pace sociale?
I vizi della politica sono sotto gli occhi di tutti. È diventato lo sport nazionale quello di evidenziarli. Eppure il messaggio di papa Francesco evita discorsi da «bar sport». Egli, non è una novità, vede nella corruzione la madre di tutti i vizi pubblici. L’uomo corrotto è peggiore del peccatore: quest’ultimo sa di esserlo e si può aprire alla conversione, mentre il corrotto non intende rivedere nulla della propria vita. Si noti che la corruzione coincide non solo con l’appropriazione indebita di beni pubblici, ma anche con la strumentalizzazione delle persone. Il dramma è quando ci si serve dei poveri o dei migranti per costruire le proprie fortune politiche. Anche questa è corruzione!
Il Papa punta il dito contro “i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”. Una frase forte che immortala purtroppo un atteggiamento comune e diffuso, dall’America all’Italia…
È verissimo, ma niente di nuovo sotto il sole. È una scaltra e vecchia consuetudine: si punta il dito contro un capro espiatorio, si sollevano gli istinti peggiori e così si sposta l’attenzione dai problemi veri a cui non si è in grado di offrire alcuna soluzione convincente. Oggi la politica non sa affrontare temi cruciali come il lavoro giovanile, un nuovo modello di sviluppo, i cambiamenti climatici, le disuguaglianze economico-sociali, il rinnovamento delle istituzioni. Appaga elettoralmente di più trovare categorie che non hanno voce e sono indifese come i profughi, i migranti e gli esuli e incolparle di tutti i mali presenti nella società. Invece di lavorare sulle cause e trovare risposte, si vogliono eliminare le vittime: con le migrazioni sta accadendo questo a ogni latitudine della terra.
Cosa ha da dire ancora alla società odierna la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo di cui si celebra il 70° anniversario?
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo mantiene una sua attualità, nonostante i settant’anni di vecchiaia. Ricorda a tutti i principi fondamentali che permettono di salvaguardare la nostra umanità. Il bello è che sono universalmente riconosciuti: in qualche modo sono lo specchio di ciò che noi umani siamo. Il problema oggi non è tanto l’affermazione dei diritti: su ciò c’è condivisione! Il dramma è la scissione tra diritti e doveri, per cui i primi senza i secondi non stanno in piedi. Sostenere un proprio diritto senza il dovere di riconoscerlo anche per gli altri e impegnarsi in tal senso non avrebbe alcun valore. Rischiamo solo di dare aria alla bocca. Manca l’impegno perché le istituzioni, i popoli e le persone diano forza ai diritti riconosciuti.
Il 31 dicembre torna a Matera l’appuntamento con la Marcia della Pace. Quale è il messaggio che questo evento vuole lanciare?
La marcia di Matera si situa in un momento particolare, sia per la città che per il Paese. La città inizia un anno speciale, il 2019, in quanto è stata scelta come capitale europea della cultura. Nessuna autentica promozione culturale è possibile senza la pace. Il 31 dicembre faremo una marcia che sarà una meditazione sulla buona politica che è al servizio della pace. Avremo modo di pregare e riflettere, a partire dall’Europa che vogliamo costruire e dalla memoria dei conflitti dimenticati. Faremo cultura di pace camminando: quello che ci insegnano i migranti, lo sperimenteremo sui nostri piedi!