Superare la paura
"Chi ha avuto la forza di lasciarsi liberare dalla paura è chiamato oggi ad annunciarlo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso", ha detto il Papa nell'omelia della messa celebrata a Sacrofano in occasione del Meeting delle associazioni e delle famiglie impegnate all’accoglienza dei migranti.
“La paura è all’origine di ogni dittatura. Sulla paura del popolo si basa ogni dittatura”. Papa Francesco ha voluto riaffermarlo nell’omelia della messa da lui celebrata a Sacrofano in occasione del Meeting delle associazioni e delle famiglie impegnate all’accoglienza di profughi e migranti. “Dovremmo cominciare a ringraziare – ha esortato Francesco – chi ci da’ l’occasione di questo incontro, ossia gli ‘altri’ che bussano alle nostre porte, offrendoci la possibilità di superare le nostre paure per incontrare, accogliere e assistere Gesù in persona”.
Secondo il Papa, “il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro: non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci”. “Questo ripiegamento su sé stessi, segno di sconfitta, accresce – ha rilevato – il nostro timore verso gli altri, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri. E questo – ha scandito – si nota particolarmente oggi, di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, sicurezza e un futuro migliore”.
Siamo chiamati invece, ha chiarito Francesco, “a superare la paura per aprirci all’incontro”. E per fare questo, ha aggiunto, “non bastano giustificazioni razionali e calcoli statistici”. “Mosè – ha spiegato – dice al popolo di fronte al Mar Rosso, con un nemico agguerrito che lo incalza alle spalle: ‘Non abbiate paura’ perché il Signore non abbandona il suo popolo, ma agisce misteriosamente nella storia per realizzare il suo piano di salvezza. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato e carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito. È davvero Lui, anche se i nostri occhi fanno fatica a riconoscerLo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua…”. “Anche noi, come Pietro, potremmo essere tentati – ha osservato – di mettere Gesù alla prova, di chiedergli un segno. E magari, dopo qualche passo titubante verso di Lui, rimanere nuovamente vittime delle nostre paure. Ma il Signore non ci abbandona”.
Ecco perchè “chi ha avuto la forza di lasciarsi liberare dalla paura, chi ha sperimentato la gioia di questo incontro – ha concluso – è chiamato oggi ad annunciarlo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso, predisponendosi all’incontro con Cristo e la sua salvezza”.