Non dimentichiamo gli sfollati ambientali
"Sono soprattutto i poveri a subire maggiormente gli effetti negativi del cambiamento climatico", spiega Carlotta Venturi, della Pontificia UniversitĂ Gregoriana.
di Carlotta Venturi (Pontificia UniversitĂ Gregoriana)
La questione climatica – e i problemi ambientali a essa connessi – è ormai una realtĂ evidente non solo nel mondo accademico e scientifico ma anche a livello politico e sociale. Se l’interesse nei confronti del cambiamento climatico sta aumentando, rimane, tuttavia, limitata l’attenzione verso le sue principali vittime: i poveri. Sono soprattutto loro, infatti, a subire maggiormente gli effetti negativi del cambiamento climatico avendo minori capacitĂ di resilienza al problema. Con possibilitĂ molto ridotte di fronteggiare disastri repentini e violenti – alluvioni, tsunami ecc. – e/o cambiamenti ambientali lenti ma costanti – l’innalzamento del livello delle acque degli oceani, la desertificazione ecc. – gli abitanti dei paesi economicamente svantaggiati sono costretti a emigrare: è a rischio la stessa sopravvivenza.
L’Internal Displacement Monitoring Centre e il Norwegian Refugee Council parlano di 17,2 milioni di persone scappate nel 2018 a seguito di disastri ambientali: una cifra superiore ai 10,8 milioni di spostamenti dovuti a conflitti. Si tratta, dunque, di numeri importanti. Non solo, si parla soprattutto di esseri umani che ad oggi sono senza riconoscimento giuridico nĂ© tutela perchĂ© non hanno nĂ© i requisiti – soprattutto la persecuzione – previsti della Convenzione di Ginevra per ottenere l’asilo politico nĂ© leggi internazionali ad hoc che li proteggano. Il problema, ad ogni modo, c’è ed è destinato ad aumentare. Di fronte ad esso la comunitĂ politica internazionale – e purtroppo anche quella scientifica – è divisa e molti paesi fanno appello alla sovranitĂ nazionale per evitare la definizione di leggi vincolanti in favore dei migranti ambientali. Un’estensione della tutela prevista dalla Convenzione di Ginevra nei confronti di chi fugge a causa del cambiamento climatico e di problemi ambientali non è considerata possibile: il rischio di favorire una maggiore chiusura da parte degli Stati verso i rifugiati in generale è troppo elevato.
Il pensiero degli Stati si muove, infatti, tra logiche ambigue connesse agli umori e alle incertezze dei vari elettorati: se i cittadini sono ostili all’arrivo di immigrati o richiedenti asilo – perchĂ© in loro vedono solo nemici e potenziali concorrenti – la classe dirigente si adopererĂ quasi esclusivamente nella promozione di leggi volte alla chiusura delle frontiere, preferendo non intraprendere provvedimenti legislativi ritenuti politicamente “scomodi”. Una voce in favore dell’accoglienza e della tutela dei migranti o rifugiati ambientali viene dalla Chiesa cattolica. Di fronte ai dibattiti e agli scontri scientifici e istituzionali sulla questione la Chiesa ribadisce il dovere dell’accoglienza e la necessitĂ di riconoscere nel migrante un frater e non un nemico e nel creato un dono che Dio ha fatto a tutta l’umanitĂ , affinchĂ© lo custodisse e non dominasse.
L’invito di papa Francesco, come del resto anche quello dei sui predecessori, è quello di non dimenticare chi fugge a causa del cambiamento climatico e di disastri ambientali.