Le schiave di oggi
Suor Rita Giaretta, la religiosa orsolina che ha fondato Casa Rut a Caserta e che spende la sua vita accanto alle ragazze che finiscono nelle mani dei trafficanti, definisce la tratta “un’infamia, un crimine contro l’umanità”.
di Stefania Careddu
Faith (nome di fantasia) sa che in Nigeria non potrà avere un futuro: le opportunità sono davvero poche e le condizioni economiche della famiglia non le permettono di studiare. Quando un’amica di sua sorella le promette di aiutarla a trovare lavoro in Italia, accetta di partire, con un bagaglio pieno di speranza e di aspettative. Inizia il viaggio, attraverso il deserto, fino all’inferno libico. Una volta approdata nel Bel Paese è convinta che il peggio sia passato e che finalmente il suo sogno possa realizzarsi. Invece, si ritrova su una strada, a vendere il proprio corpo. Rimane incinta, viene picchiata e costretta ad abortire. Prova a scappare, ma i trafficanti la rintracciano e per punizione, uno di loro, tutte le sere a mezzanotte le fa visita e la violenta. Nelle tenebre che la avvolgono, intravede una luce. Oggi Faith sta studiando, ha sete di cultura e di raccontare la sua storia: per questo ha deciso di scrivere un libro. “Vuole metterci la faccia, lei e tante altre sono stanche di essere trafficate”, spiega suor Rita Giaretta, orsolina, che del servizio accanto alle vittime di tratta ha fatto la cifra caratteristica della sua missione tanto da fondare, con le consorelle, Casa Rut, un centro che a Caserta accoglie donne migranti, sole o con figli, in situazioni di difficoltà o sfruttamento. “In 24 anni, ho incontrato il dramma di questo crimine contro l’umanità, di giovani, per lo più migranti, anche minorenni, vittime di questa infamia”, racconta la religiosa che confida: “non ci si abitua mai”. “I volti, gli occhi tristi – continua – parlano di traumi, di un viaggio infernale attraverso il deserto e i campi della Libia, di ragazze adescate con false promesse da amici, conoscenti, esponenti di altre chiese, a volte perfino da familiari”. Alla base, osserva, “c’è il bisogno, il disagio, il desiderio di migliorare la propria vita e quella della famiglia”. È questa la molla che fa scattare la decisione di partire. “Molte ragazze – rileva -sono consapevoli dei rischi a cui vanno incontro, ma si fidano talmente tanto delle persone che le adescano da pensare che mai verranno tradite da coloro che considerano angeli”. Così inizia l’incubo: “essere donna è già un dramma perché significa essere in balia dei mandanti, dei trafficanti, degli autisti; stupri e violenze sono all’ordine del giorno”, denuncia suor Giaretta ricordando che “dopo aver pagato per la traversata, le ragazze vengono rintracciate dalla rete criminale che, come fossero dei pacchi, le affidano ai ‘corrieri’ fino a farle arrivare sulla strada”. “Non possiamo capire – confida la religiosa – cosa si nasconde nel loro cuore: quanta paura, quante lacrime, quanta angoscia, quante ferite, quanta aggressività, quanta rabbia”.
È “vergognoso che si debba comprare una ragazza”, afferma con forza la fondatrice di Casa Rut, evidenziando che “questo significa che la società ha fallito”. Si stima che siano tra le 30 e le 50mila le giovani prostitute che provengono da Paesi e Continenti diversi. “Bisogna lavorare sulla domanda, aiutare i clienti a dire: ‘no, grazie’, educare i maschi a non vedere le donne come oggetti da usare. A partire dalle scuole, dove si dovrebbe avere il coraggio di parlare chiaramente, di educare l’affettività dei ragazzi”, suggerisce suor Giaretta per la quale occorre “rimettere al centro il valore dell’altro, abbassare i toni, recuperare la gentilezza e tornare ad essere umani”.
E in questa sfida, chiarisce, sono chiamati in causa tutti, dalla Chiesa alle istituzioni. Servirebbe, esclama la religiosa, “una rivoluzione della tenerezza”. “I migranti non sono nemici da controllare: se le leggi favorissero l’integrazione, il clima cambierebbe”, dice suor Giaretta per la quale “i Decreti Sicurezza andrebbero ripensati”. “Siamo paralizzati dalle paure, siamo schiavi dei sistemi e delle idee: siamo tutti – conclude – bisognosi di liberazione”.