Migranti maliani, da un’immagine sfocata alla realtà
Incoraggiati da racconti falsi, molti africani partono. Ma il viaggio è spesso una scalata verso il Golgota.
Di Clément Sangare (studente di Rondine)
Se c’è uno scandalo nel mondo del XXI secolo è quello dei migranti africani. Dalla sofferenza di attraversare il deserto e il Mediterraneo alla mendicità in Europa. Dopo essere stati maltrattati in Libia, messi all’asta in tutto il mondo, molti migranti si impegnano in pratiche disonorevoli, indegne del loro status sociale.
Incoraggiati da racconti falsi, molti africani di tutte le età migrano verso l’Europa credendo di trovare oltremare un paradiso a causa delle storie di una vita da Eldorado raccontate da coloro che miracolosamente hanno varcato questa porta.
Il caso del Mali è tutt’altro che eccezionale, ma preoccupante. Il Mali è un paese dell’Africa occidentale. Nel 2014, la popolazione è stata stimata in 17.227.000 abitanti, escludendo la regione di Kidal, attualmente inaccessibile a causa della guerra. Secondo le proiezioni basate sul RGPH, nel 2014 il Kidal avrebbe una popolazione di 80.698 abitanti. Le famiglie maliane sono generalmente grandi e quindi di solito molto povere. Infatti, a livello nazionale, il 56,6% delle famiglie è composta da almeno sette persone. La media è di otto persone, in quanto varia dai nove componenti nelle aree rurali ai sette nelle aree urbane. La proporzione relativa delle famiglie numerose (sette o più) è maggiore nelle aree rurali (60,5%) rispetto alle aree urbane (46,6%). Più di tre maliani su quattro (77,0%) vivono in famiglie di sette o più persone. Oltre il 90% delle famiglie è guidato da uomini.
Per quanto riguarda il tasso di alfabetizzazione delle persone di 15 anni o più, i risultati indicano che il 31% degli adulti sono alfabetizzati. Un’analisi basata sul sesso mostra che gli uomini sono più istruiti rispetto alle donne con il 41,5% e il 21,5% rispettivamente. L’area urbana ha un tasso piuttosto elevato del 57,7% rispetto al 21,1% delle aree rurali. Quanto al tasso di occupazione, nel complesso, il 47,5% della popolazione è in età lavorativa (15-64 anni). Questa categoria di popolazione è divisa in occupati, disoccupati e inattivi. Complessivamente, il tasso di partecipazione è del 75%, ovvero tre persone su quattro tra i 15 ei 64 anni lavorano o cercano attivamente lavoro. Le donne sono meno attive degli uomini. Il tasso di partecipazione delle donne è del 66,1% contro l’85,3% degli uomini.
Se alcuni lasciano il Mali a causa dell’instabilità politica ed economica, altri se ne vanno a causa della disperazione per la mancanza di lavoro e per via dell’incoraggiamento da parte dei loro connazionali che si trovano già in Europa. Quindi, inconsapevoli del grave pericolo che corrono, dal saccheggio di proprietà, alle punizioni corporali, abusi sessuali e minacce di morte, alcuni si rendono conto a metà strada del pericolo della migrazione illegale.
Manca infatti l’informazione sulla sofferenza che i migranti sono costretti a subire, rendendo questo viaggio paragonabile alla scalata al Calvario nel Golgota: un bicchiere di amarezza che ciascuno dei migranti è costretto a bere per inseguire l’illusorio Eldorado.
Ecco perché una volta varcata la soglia della porta d’Europa, alcuni gridano di gioia, altri restano senza respiro, ignorando che ciò che li attende è lontano dalle speranze che si erano immaginati e per le quali avevano lasciato le loro case. Purtroppo, alcuni dopo poco tempo dall’arrivo nel vecchio continente, immersi nella vita quotidiana europea, diventano consapevoli delle difficoltà e scoprono che quello che i loro cari gli avevano raccontato, non è ciò che si aspettavano. Incapaci di trovare un lavoro e oziando a causa di questo inaspettato stato di cose, alcuni iniziano a mendicare nei luoghi pubblici o davanti ai negozi, qualcosa che non avrebbero mai immaginato di fare nel loro continente o nei loro paesi. Questa situazione apre la strada al rischio che alcuni di loro inizino a fare delle attività illegali reclutati da organizzazioni della malavita.
È davvero ora che il governo del Mali si prenda cura dei suoi giovani. È suo dovere rendere l’occupazione dei giovani una volontà politica concreta attraverso un orientamento professionale che possa garantire un futuro adatto alla realtà sociale ed economica del paese. E questo è necessario in ogni area professionale e ad ogni livello. In Mali ci sono tre categorie di giovani: quelli che non hanno avuto la possibilità di andare a scuola e che mancano della formazione più basilare; coloro che hanno abbandonato la scuola a metà percorso non conseguendo nessun titolo e quelli che hanno terminato gli studi ma sono rimasti.
Le Università propongono corsi di Laurea che non sono utili allo sviluppo del Paese e che non formano i giovani sui reali bisogni del Paese quindi i giovani laureati hanno un titolo che non serve loro per trovare lavoro in Mali e mancano corsi di Laurea che servano realmente. Lo dimostra il caso della laurea in Giurisprudenza. Molti giovani sono orientati in questo settore eppure questo settore forma solo giovani disoccupati in Mali. Il governo potrebbe formare chi non ha frequentato la scuola o l’ha abbandonata per acquisire tecniche agro-silvo-pastorali, svolgendo corsi nelle lingue locali. Per quanto riguarda i giovani laureati disoccupati, il governo dovrebbe facilitare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Il governo ha bisogno di formare persone in settori adeguati: ad esempio, il Mali è un Paese con buone terre coltivabili e fiumi. Invece di formare giovani disoccupati nelle scienze giuridiche perché non vengono avviati all’agricoltura? Soprattutto in un paese dove ci sono insufficienze alimentari.
Il Mali è un Paese a cui manca una grande quantità di elettricità, quindi perché non cercare partner che sappiano formare i giovani nel settore dell’energia eolica o dell’energia solare? Inoltre si potrebbero cercare fondi per costruire fabbriche per la lavorazione di prodotti locali. Tutto ciò può aiutare a dare lavoro ai giovani in aree di sviluppo inesplorate e da implementare.
Così i giovani maliani sapranno che venire in Europa a mendicare pochi centesimi di euro non farà avanzare in alcun modo il loro futuro in questo continente, mentre potranno avere un domani più dignitoso in Africa e nel loro Paese.