Avere negli occhi la carne viva del fratello

Avere negli occhi la carne viva del fratello

Un invito a “non disgiungere la preghiera dalla vita e dalle azioni”. Intervista a don Michele Autuoro, direttore della Fondazione Missio.

eLe parole di papa Francesco su una santità “fatta carne, che rende culto a Dio attraverso l’aiuto ai nostri fratelli” rappresentano “un nuovo invito a vivere il Vangelo ‘sine glossa’, senza alibi né omissioni”. Lo sottolinea don Michele Autuoro, direttore della Fondazione Missio, per il quale occorre “non disgiungere la preghiera dalla vita e dalle azioni”.

Nella sua ultima esortazione apostolica “Gaudete ed exsultate” sulla santità nel mondo contemporaneo, papa Francesco torna sul tema dei migranti per ribadire che ad un cristiano “si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli”. Un’affermazione che non lascia spazio ad equivoci, deroghe o deleghe….
Il Papa dice che non si può intendere la santità a prescindere da un riconoscimento vivo della dignità di ogni essere umano, cioè anche quella dei migranti. Del resto, Francesco ricorda che la grande regola del comportamento del cristiano deve essere quella del capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ero affamato e mi avete dato da mangiare, assetato e mi avete dato da bere, forestiero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, carcerato e siete venuti a trovarmi. Questa è la regola d’oro, questa è la santità gradita a Dio: non avere l’estasi, ma avere negli occhi la carne viva del fratello. È una santità fatta carne, che si confronta con i propri simili, in cui si rende culto a Dio attraverso l’aiuto ai nostri fratelli. Il vero culto infatti non sono i sacrifici, ma la misericordia e tra le opere di misericordia, insieme a tante altre situazioni, ci sono i nostri fratelli migranti.
Le parole del Papa non lasciano spazio a equivoci, ma sono un nuovo invito a vivere il Vangelo ‘sine glossa’, senza alibi né omissioni. E sono anche un richiamo ad unire fede e vita, perché a volte si corre il rischio di distinguere la preghiera dalle azioni.

Sempre nel documento “Gaudete ed exsultate”, il papa sottolinea che sono “tante le donne sconosciute o dimenticate che, ciascuna a modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza”. Nel mondo missionario sono diverse, vero?
Sì, dopo aver elencato figure di donne grandi come santa Ildegarda di Bingen, santa Brigida, santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila o Santa Teresa di Lisieux, il papa parla di donne comuni che sono state di esempio. Nel mondo missionario, in diverse realtà, la cura dei poveri è affidata alle consacrate. Ricordiamo Annalena Tonelli in Somalia, una laica, partita per amore dei poveri, da sola, senza una struttura religiosa alle spalle; Graziella Fumagalli, il medico ucciso nel 1995 in Somalia nel Centro della Caritas Italiana che dirigeva; suor Leonella Sgorbati, la missionaria della Consolata uccisa in Somalia, davanti all’ospedale pediatrico a cui lei stessa aveva dato vita, che sarà beatificata il prossimo 26 maggio.
Sono tante poi le figure che continuano quotidianamente, anche attraverso piccoli gesti, a rendere il mondo più umano, cercando di riempire di vita questa umanità.

Donne incinte e malate respinte alla frontiera, donne che muoiono nel Mediterraneo, spesso dopo essere state abusate e maltrattate, donne che finiscono nelle rete dei trafficanti di esseri umani. In che modo la campagna “Liberi di partire, liberi di restare” si occupa di loro?
La Campagna, oltre a rivolgersi al popolo delle migrazioni nella sua complessità, riserva un’attenzione particolare alle categorie più vulnerabili che sono quelle dei bambini e delle donne, spesso vittime di tratta e di abusi. E lo fa nell’orizzonte del disegno evangelico di dare la liberazione ai prigionieri. Pensando alle tante donne che vengono fatte oggetto dei trafficanti di esseri umani, il brano di Vangelo in cui Gesù dice di essere venuto per liberare i prigionieri diventa pagina incarnata. 

Maggio è il mese dedicato alla Madonna. Che cosa significa oggi rinnovare questa tradizione fatta di preghiera, devozione e iniziative?
Il Papa ci ricorda che la preghiera è importante, ad esempio la recita del Rosario che è tipica del mese mariano. La preghiera infatti ci aiuta a combattere la battaglia contro il male che è intorno a noi e dentro di noi, ci aiuta a guardare alla vita degli altri, a domandare cosa può fare ciascuno di noi. La preghiera per la pace, per la giustizia, per i diseredati rappresenta mani alzate per tutti, perché il Regno di Dio cresca in mezzo a noi.
Dovremmo contemplare di più la vita di Maria, fatta di pericoli, di solitudine, di incomprensioni e segnata dalla dimensione dell’essere profughi, ma la cui preghiera proiettava sempre nella compassione e nella misericordia. Questo ci aiuterebbe a far sì che anche nelle iniziative di pietà popolare si uniscano alla preghiera gesti in favore degli altri: sarebbe importante infatti utilizzare i bilanci di feste legate alle tradizioni popolari mariane, in parte o in toto, a favore di chi è nel bisogno. Questo rappresenterebbe il vero culto a Dio.

Si svolgerà dal 28 aprile al 1° maggio, a Sacrofano,  il Convegno Missionario Giovanile. Quale è il contributo che i giovani possono offrire alla chiesa e alla società sul tema delle migrazioni?
I giovani non sono solo il futuro, ma anche l’oggi. Hanno sogni e speranze, uno sguardo verso gli altri meno carico di precomprensioni, di muri, sono più liberi: per questo possono essere fermento di un mondo unito, più fraterno, pieno di quella ricchezza che ognuno porta nella Chiesa e nella società.