Dal Mali alla Calabria: confronti sulla sfida delle migrazioni

Dal Mali alla Calabria: confronti sulla sfida delle migrazioni

La visita ad un centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati in Calabria diventa occasione di riflessione e di condivisione.

di Brigitte Togo, studentessa di Rondine

Per  quattro giorni alcuni studenti della World House e tutti gli studenti italiani del Quarto Anno Liceale d’Eccellenza si sono recati in Calabria per scoprire un’altra realtà economica, turistica, culturale e sociale del Paese che ha un’enorme potenzialità non sfruttata.
Nella provincia di Reggio Calabria, esiste un centro di accoglienza per minori non accompagnati dove vengono offerti loro servizi a cui non possono accedere, specialmente quando non parlano italiano. Il centro offre a questi giovani un controllo sanitario per poterli riorientare verso il diritto comune, o sulla vita sociale che è quella di insegnare loro l’italiano, ma anche per dare loro accesso a attività culturali e sportive.
L’incontro con gli immigrati minori in questa azienda agricola è stato interessante. Dopo lo scambio con questi giovani che hanno attraversato momenti difficili, abbiamo notato una enorme gioia sul volto di ognuno di loro grazie al nostro sostegno morale.  E alla fine abbiamo riso insieme giocando una partita. Questo momento mi ha segnato molto perché lo sport si è dimostrato un mezzo di intrattenimento e divertimento senza barriere. Mi ha fatto pensare che lo sport può essere centrale nelle politiche di integrazione. Un’integrazione messa in atto dalle autorità pubbliche comunali proprio in virtù delle sue potenzialità di aggregazione.
C’è anche un laboratorio di tessitura artigianale in questa città. Si tratta di un bel progetto di speranza, perché dà importanza ai prodotti locali e valorizza la tradizione. C’è tuttavia da segnalare la scarsa presenza della gioventù calabrese, a causa della disoccupazione. Il timore della ‘Ndrangheta, la mafia calabrese, è finora molto reale tra la popolazione locale, perché continua a controllare il territorio. Questo mi ha aiutato a capire come questi fenomeni siano generalizzati anche se assumono sfumature diverse nei vari contesti e non siano solo un problema del mio Paese.
Il laboratorio mi ha ricordato poi il lavoro dei tessitori dei nostri antenati. Il telaio è il più usato in Mali e la sua presenza in una famiglia o in un villaggio è stata da sempre un segno di unione e solidarietà per i nostri gruppi etnici.In questo contesto, la cultura è un importante fattore di sviluppo, perché permette di aumentare l’attrattiva delle regioni e degli investitori. Si basa principalmente su un elemento attivo di sviluppo sociale basato sulla propria conoscenza, tolleranza e creatività. Credo sia un messaggio forte per la mia gente che spesso tende a trascurare i suoi importanti valori tradizionali in favore della modernità. Il miglioramento di questa cultura può contribuire allo sviluppo socio-economico e alla limitazione dell’esilio.