È in gioco il futuro dell’umanità

È in gioco il futuro dell’umanità

"L’atteggiamento verso i migranti è la cartina al tornasole che ci dice la qualità della nostra vita comune e delle nostre società", ricorda don Gianni De Robertis, direttore della Fondazione Migrantes.

Alla vigilia della Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, don Gianni De Robertis, direttore della Fondazione Migrantes, ribadisce che “lasciare fuori i migranti, emblema dell’esclusione, ma anche le persone fragili e in difficoltà, significa escludere Cristo”. Inoltre, osserva, “l’atteggiamento verso i migranti è la cartina al tornasole che ci dice la qualità della nostra vita comune e delle nostre società”.

“Non si tratta solo di migranti: si tratta della nostra umanità”. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, Papa Francesco si sofferma sul “noi”, oltre che sul “loro”. Cosa significa questo concretamente?
Il tema che Papa Francesco propone quest’anno può essere interpretato a vari livelli: anzitutto, come lui stesso ha ripetuto più volte, non si tratta solo di migranti significa che queste persone non possono essere ridotte solo ad un aspetto della loro vita, al fatto cioè che sono in viaggio. Non si possono definire le persone con un aggettivo: sono infatti uomini, donne, padri, madri, sposi. Più profondamente, il tema della Giornata vuole ricordarci che non si tratta solo del futuro dei migranti, ma è in gioco il nostro stesso futuro. Come recita il Messaggio: “l’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla cultura dello scarto”.
L’atteggiamento verso i migranti è dunque la cartina al tornasole che ci dice la qualità della nostra vita comune e delle nostre società. Non è un caso che, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una crescente indifferenza e ostilità verso la sorte di queste persone con un aumento della solitudine e dell’isolamento, della conflittualità e della violenza nelle nostre società. Abituarci a voltare lo sguardo dall’altra parte quando vediamo persone che rischiano la vita vuol dire voltare lo sguardo anche ai nostri vicini e congiunti.
Il Papa allude poi ad un altro significato perché è in gioco la presenza stessa di Cristo nelle nostre società: lasciare fuori i migranti, diventati emblema dell’esclusione, ma anche le persone fragili e in difficoltà, significa escludere Cristo, anche se poi qualcuno vorrebbe conservare la presenza di un rosario o di un Crocifisso.

“Il vero motto del cristiano è ‘prima gli ultimi!’”. Papa Francesco lo ricorda e sgombra il campo da equivoci…
Ripetere certi slogan che purtroppo sono diventati abituali – “prima gli italiani” o “America first” – è doppiamente pericoloso sia perché quelli che sono scartati possiamo essere noi, come già sta avvenendo in tanti Paesi d’Europa e del mondo, sia perché, come Gesù ci ha insegnato, se dobbiamo mettere al centro qualcuno, dobbiamo farlo con quelle membra del corpo più deboli e hanno bisogno di maggior cura.

Per tutta l’estate abbiamo assistito ad un vero e proprio braccio di ferro politico riguardo a diverse navi di Ong impossibilitate a far sbarcare i migranti salvati in mare. Quello dell’accoglienza continua ad essere un tema “caldo”. Di cosa ci sarebbe bisogno?
Al di là della propaganda, in questo ultimo anno, abbiamo compreso che è un’illusione pensare che la chiusura dei porti risolva la questione delle migrazioni: chi è disperato continua a cercare di raggiungere l’Europa in modalità diverse. Mentre i porti erano chiusi per le navi delle Ong, continuavano infatti ad arrivare quotidianamente, in modo clandestino, piccole barche di migranti.
La questione non è tanto relativa all’accoglienza (fermo restando che chi è in pericolo di vita va prima di tutto salvato), ma a cosa accade delle persone che arrivano sulle nostre coste. Il vero problema in Italia è la presenza di almeno 600mila persone senza titolo di soggiorno (che entro il prossimo anno si prevede diventino almeno 700mila a causa degli ultimi decreti e dell’annullamento della protezione umanitaria) che vivono ai margini delle nostre città e sono facilmente preda dello sfruttamento e della criminalità. La vera sfida, come ripete il Papa, è sapere coniugare l’accogliere con il proteggere, il promuovere e l’integrare.

Sulla locandina della Giornata campeggiano tante finestre colorate. Perché questa scelta?
La locandina è opera di Sai Babu, un ragazzo arrivato dall’India e adottato in Italia. Volevamo qualcosa di allegro e colorato perché troppo spesso le migrazioni sono associate ad elementi negativi come la miseria, la sofferenza, il pericolo. Chiunque conosce da vicino questo mondo sa invece che è ricco di risorse e di gioia di vivere. L’immagine della finestra rimanda a qualcosa che svela e fa intravedere il segreto che in ogni casa, in ogni famiglia, si nasconde. Il Papa ci ha detto che per accogliere occorre essere curiosi di quel segreto che ogni essere umano porta con sé. Con le finestre colorate, vogliamo così dire che in ogni persona si nasconde una ricchezza che siamo chiamati a scoprire.

Oltre alle numerose attività promosse a livello locale, quest’anno la Giornata sarà celebrata in modo solenne anche da papa Francesco, con una messa in piazza san Pietro. Quale messaggio arriva da tutte queste iniziative?
Per sottolineare il valore di questa Giornata, giunta alla sua 105° edizione, abbiamo voluto questa celebrazione in piazza san Pietro sia per manifestare al Santo Padre l’adesione al Magistero che ci spinge a costruire ponti in un tempo di crescente conflittualità sia per rendere visibile come nel nostro Paese ci sia un’Italia solidale e fiduciosa, diversa da quella che appare spesso sui media. C’è un gran numero di persone che ama la pace e si adopera per costruirla nel quotidiano. Di qui l’invito a vivere la Giornata nelle città e nelle diocesi, favorendo momenti di incontro, o a partecipare – a chi è possibile – alla celebrazione con il Papa a Roma.