La via della condivisione

La via della condivisione

"Occorre avere il coraggio di mettersi in rete, di creare connessioni e di spendersi per un nuovo impegno sociale", sottolinea don Bruno Bignami, direttore dell'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro.

“Un giusto sistema economico è possibile solo a partire dal senso vero dei beni, che è la condivisione”. Lo sottolinea don Bruno Bigami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, ricordando che “i problemi sociali non possono trovare soluzioni dentro a esistenze individuali che guardano solo al loro orticello: occorre avere il coraggio di mettersi in rete, di creare connessioni e di spendersi per un nuovo impegno sociale”.

Papa Francesco lo ricorda: “non vi sarà mai vera pace se non saremo capaci di costruire un più giusto sistema economico”. Da cosa bisogna partire?
L’insegnamento sociale della Chiesa ha maturato nel corso della storia il principio della destinazione universale dei beni. Un giusto sistema economico è possibile solo a partire dal senso vero dei beni, che è la condivisione. Le ricchezze sono al servizio della comunione tra gli uomini. L’economia è la gestione della casa comune e può funzionare davvero nella misura in cui mette al centro le persone. Se invece le emargina o, peggio ancora, le strumentalizza o le elimina, il sistema finisce per corrompersi dal di dentro. Da qui la celebre espressione di papa Francesco secondo cui «questa economia uccide».

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, il Papa torna a sottolineare l’urgenza di una conversione ecologica. Cosa vuol dire concretamente?
La conversione ecologica è espressione già ampiamente presente nell’enciclica Laudato si’ che papa Francesco ha pubblicato nel 2015. L’espressione però ha conosciuto importanti maturazioni nel corso del recente Sinodo sull’Amazzonia. Il documento finale è incentrato sul tema della conversione che ha cinque facce: integrale, pastorale, culturale, ecologica e sinodale. Ciò significa che la conversione ecologica non è l’applicazione di un manuale che dice già, in partenza, cosa bisogna fare. In realtà, si tratta di fare discernimento circa un cambiamento di prospettiva, di sguardo sulla realtà. Per esempio, dal materialismo che pretende di ridurre tutto a oggetto usa e getta occorre convertirsi alla contemplazione che sa riconoscere le creature come dono del Creatore. Ne consegue una trasformazione della mentalità, delle scelte e degli stili di vita quotidiani: serve un nuovo modo di abitare il pianeta, di accogliere la diversità, di celebrare la vita, di esprimere la cura per un territorio, di organizzare il bene comune. La conversione si attua a partire dall’ascolto e dalla contemplazione per diventare azione, gesto e condivisione. In altri termini, si esprime come cura delle creature, non di un generico ambiente.

Quest’anno la Marcia della Pace del 31 dicembre si è svolta a Cagliari. Che significato ha avuto tale evento in una zona che vive il dramma della disoccupazione e la contraddizione della produzione di bombe?
La Sardegna è una terra splendida, ma con gravi problemi occupazionali. La mancanza di lavoro mette in crisi la coscienza delle persone, dibattute interiormente tra il pane per la propria famiglia e l’ideale etico. Il caso della Rwm di Domusnovas, ossia la produzione di bombe esportate in Arabia Saudita e nello Yemen, pone questioni di coscienza: che fare quando per vivere non si hanno alternative? Ecco perché dovremmo adottare la strada aperta da Laudato si’, secondo cui il vero lavoro è quello che si prende cura della creazione. La Marcia di Cagliari del 31 dicembre ha posto certamente l’attenzione alle problematiche del territorio, ma è stata anche un appello a tutte le comunità cristiane e civili a non lasciarsi ammaliare da capodanni consumistici. Servono segni di condivisione con i drammi umani di molte popolazioni e famiglie.

Sono stati pubblicati i Lineamenta della Settimana Sociale in programma a Taranto nel 2021. Quali sono le piste su cui la comunità è chiamata a lavorare?
I Lineamenta presentano cinque piste di lavoro in preparazione alla Settimana Sociale, che si terrà a Taranto dal 4 al 7 febbraio 2021: i nodi da sciogliere, ossia l’analisi delle conflittualità in gioco e dei problemi che gravano sulle popolazioni; il racconto delle storie di vita, con le loro esperienze negative e con le prassi virtuose; le buone pratiche che già esistono nel nostro Paese sul fronte della sostenibilità (amministrazioni e imprese che lavorano nell’ottica dell’ecologia integrale); le nuove visioni di futuro, per cui ci si mette in dialogo con i giovani e con l’evento Economy of Francesco di Assisi; le proposte sul piano politico-istituzionale ed ecclesiale per attuare la conversione ecologica invocata da Laudato si’. I Lineamenta sono un momento di semina. Indicano la direzione. Sarebbe bello accompagnare questo cammino della Chiesa italiana con il desiderio di far crescere il senso del dono di Dio e con la costruzione di reti comunitarie. I problemi sociali, infatti, non possono trovare soluzioni dentro a esistenze individuali che guardano solo al loro orticello. Occorre avere il coraggio di mettersi in rete, di creare connessioni e di spendersi per un nuovo impegno sociale. C’è sete di comunità!

Nel 2020 il Progetto Policoro compie 25 anni. Centinaia i gesti concreti e i giovani impegnati, 135 le diocesi coinvolte, tanti i frutti. Quale è il futuro dell’intuizione di don Mario Operti?
Non ho la sfera magica per predire il futuro di un Progetto fiore all’occhiello della Chiesa italiana. La profezia di don Mario Operti è stata quella di intuire che il tema della disoccupazione non poteva essere risolto né con bacchette magiche né implorando dallo Stato la soluzione di tutti i problemi. In realtà, è solo responsabilizzando i giovani che è possibile creare le condizioni perché si sentano protagonisti della vita ecclesiale, capaci di essere generativi e di accompagnare la nascita di imprese. Il Progetto Policoro è tutto meno che un’occasione mancata. Certo, non mancano criticità, soprattutto laddove le diocesi non investono in persone motivate. Tuttavia, in moltissime realtà sono i volti dei giovani a parlare prima di tante parole scritte! I gesti concreti, ossia le cooperative, le aziende, le partite iva aperte sono solo la punta di un iceberg. Sotto, nel mare magnum della vita, ci sta l’impegno quotidiano di giovani a crescere nel servizio ecclesiale. Per questo, più che azzardare il futuro di un Progetto che ha nel suo DNA la capacità di discernere nel concreto territorio i bisogni e le urgenze, è più saggio far tesoro dell’insegnamento di don Operti: «Ogni giorno è necessario mettersi in cammino, anche se la voglia di lasciar perdere di fronte alla fatica e alle poche soddisfazioni che produce è comprensibile». Il bello è che i giovani sorprendono sempre e matura in molti di loro un servizio alla Chiesa attraverso il servizio al mondo. Così, il Vangelo si fa carne nella storia…