Oltre l’inganno del “nemico”: dove si rigenera l’umano

Oltre l’inganno del “nemico”: dove si rigenera l’umano

"Il concetto di 'nemico' non è che una gabbia, che produce divisione e lontananza, paura e violenza che alimentano a loro volta un inganno planetario", spiega Franco Vaccari, presidente di "Rondine Cittadella della Pace".

di Franco Vaccari, Presidente di “Rondine Cittadella della Pace”

La relazione può essere uno spazio confortevole in cui sentirci protetti ma spesso diventa un luogo da cui sentiamo il bisogno di voler scappare. Cosa succede quando le relazioni diventano avvelenate, quando ci sentiamo tiranneggiati e sopraffatti dal dolore?
L’incontro tra differenze produce sempre almeno un cambiamento e questo è all’origine del conflitto personale e interpersonale. Nello spazio dell’incontro tra due persone per loro natura si libera un’energia che nel tempo produce due diversi elementi: da una parte crescita e dall’altra cenere che portano ogni relazione a generare dolore, fatica e sofferenza. Elementi intrinseci e imprescindibili che se non affrontati ed elaborati rischiano di sedimentarsi e dare origine al processo di costruzione del nemico. Quello che in origine era solo un pericolo immaginato si trasforma in terrificante fantasma che infesta ogni ambito della nostra vita.

È quindi in tutta la dinamica del non incontro e del distacco che si produce l’idea, il concetto e la cultura del nemico, che altro non è che un habitus nella mente delle persone, una gabbia costruita nel tempo dalla quale non si riesce ad uscire, che produce divisione e lontananza, paura e violenza che alimentano a loro volta questo inganno planetario. Quando accade questo la relazione crea quindi come un inganno che porta a farci credere che è l’Altro a essere nostro nemico esentandoci da ogni messa in discussione, da ogni responsabilità. Un inganno intangibile che ha effetti sul concreto, bloccando intere generazioni che stanno dalle due parti di un confine, se pensiamo a scenari globali di conflitto armato, ma che blocca le persone anche banalmente separate da una scrivania, da un pianerottolo, o da un muro di silenzio.

Non è l’uomo ad essere nostro nemico, è piuttosto l’idea della relazione che abbiamo imparato e conservato nel tempo, a volte retaggio di cultura, storia e costruzioni sociali del passato. Qui i nemici non sono quindi vittime reciproche, ma simmetriche, vittimizzati dalle relazioni delle generazioni precedenti. Un inganno che può facilmente essere indotto o strumentalizzato e poiché attinge alle nostre fragilità più profonde e che è spesso difficile da smascherare.

Le persone che tuttavia accettano di incontrarsi e affrontare la relazione con l’Altro scoprono in poco tempo di essere le vittime di questo inganno e possono scegliere di uscirne: dalla paura e attraverso il dolore scoprono la bellezza di convivere, riumanizzando il disumano, imparando ad abitare le terre di nessuno, facendo rifiorire i deserti dell’anima e i luoghi della distruzione. L’idea cardine da cui nasce il Metodo Rondine è proprio questa: l’ospitalità. Per questo a Rondine siamo andati a cercare i punti più estremi della ‘non ospitalità’, quella che per definizione è la sua più antitetica negazione: l’eliminazione dell’Altro. Ovvero giovani che vengono da luoghi di conflitto che crescono nella convinzione che l’altro sia il nemico. A Rondine abbiamo scommesso sulla forza dell’umano di poter rifiorire, decostruendo l’idea del nemico. Abbiamo scoperto che è possibile. Non è un’utopia ma un cambiamento che parte da un passo concreto. Allora percorrendo questa strada si scopre che la relazione può diventare un habitat entro il quale vivere sperimentando il proprio sé e la possibilità di incontrare l’altro che è per ognuno di noi qualcosa di nuovo; è la possibilità concreta che abbiamo di cambiarci e di cambiare.