Non c’è Natale senza accoglienza

Non c’è Natale senza accoglienza

“Accorgerci dell’umanità che ci passa accanto” e “ascoltare le voci degli ultimi”. Questo l’invito di don Leonardo Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, per il tempo di Avvento.

Un’opportunità per sostare, ascoltare e invocare. Così don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, definisce l’Avvento. Un tempo di grazia per “accorgerci delle piccole cose che ci sfuggono e di tanta umanità che ci passa accanto o che bussa alla nostra porta e al nostro cuore”.

In una società che ha tra le sue caratteristiche principali quella della velocità, che senso ha l’Avvento?
L’Avvento, che ci conduce al Natale, è un tempo di grazia che la Chiesa ci dona, un’opportunità per interrompere  il ritmo frenetico del nostro vivere nella società attuale, per sostare, ascoltare e invocare. Sostare per accorgerci delle piccole cose che ci sfuggono e di tanta umanità che ci passa accanto o che bussa alla nostra porta e al nostro cuore; ricordiamoci, facendo il presepe, che Dio si è fatto bambino per stare con noi.  Ascoltare la Parola fattasi carne e quelle voci alle quali ci siamo assuefatti, degli ultimi che sono la carne di quel Cristo che continua a venire in mezzo a noi ogni giorno. Invocare il Signore della storia che tornerà a suo tempo, confermando che il senso di tutto è l’Amore ed il valore di una vita sta nell’aver amato.

L’Avvento ha a che fare con l’attendere e con il “vegliare”. Su cosa devono vigilare i cristiani oggi?
Primo di tutto devono stare attenti a non perdere in umanità. Il Signore Gesù, che abbiamo scelto di seguire e a cui apparteniamo dal nostro Battesimo, è modello di umanità. Vigiliamo per non perdere la bellezza e la gioia del Vangelo. Non arrendiamoci alla tentazione dell’egocentrismo a discapito del bene comune. Il Signore è venuto, viene e verrà per salvare tutti gli uomini.

A Natale contempliamo un Dio che si fa bambino. Non a caso, i più piccoli sono tra i destinatari privilegiati dell’azione della Campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”…
Gesù si è fatto Lui stesso piccolo per venire al mondo come ognuno di noi dal grembo di una donna, Maria. E a Natale ci chiede di essere accolto nella nostra vita proprio come si accoglie un bambino. Più volte ha indicato i piccoli a modello e li ha posti  al centro dell’attenzione degli adulti. “Nel Vangelo – ha ricordato il papa durante la Messa nel Rizal Park di Manila – Gesù accoglie i bambini, li abbraccia e li benedice. Anche noi abbiamo il compito di proteggere, guidare e incoraggiare i nostri giovani, aiutandoli a costruire una società degna del suo grande patrimonio spirituale e culturale. In modo specifico, abbiamo bisogno di vedere ogni bambino come un dono da accogliere, da amare e da proteggere. E dobbiamo prenderci cura dei giovani, non permettendo che siano derubati della speranza e condannati a vivere sulla strada”. Nel 2017, in occasione della Giornata del rifugiato, Bergoglio invitava tutti ad una attenzione particolare al fenomeno dei tanti minori non accompagnati che arrivano in Italia:  “Tra i migranti, invece, i fanciulli costituiscono il gruppo più vulnerabile perché, mentre si affacciano alla vita, sono invisibili e senza voce: la precarietà li priva di documenti, nascondendoli agli occhi del mondo; l’assenza di adulti che li accompagnano impedisce che la loro voce si alzi e si faccia sentire. In tal modo, i minori migranti finiscono facilmente nei livelli più bassi del degrado umano, dove illegalità e violenza bruciano in una fiammata il futuro di troppi innocenti, mentre la rete dell’abuso dei minori è dura da spezzare”.
La Chiesa Italiana, con la Campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, ha voluto dare una risposta a questo appello, facendo proprio il metodo indicato dal papa con i verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare, tenendo in particolare considerazione i minori non accompagnati e le loro famiglie, senza trascurare le vittime di tratta e le fasce più deboli. In quasi tre anni, sono stati realizzati progetti nei 10 Paesi di maggiore provenienza dei minori stessi, nei Paesi di transito e in tante realtà e diocesi italiane attive nell’accoglienza e nella cura dei minori. Grazie a questa Newsletter e al sito della Campagna è possibile conoscere alcune delle storie di vita delle persone che, dopo averle incontrate e conosciute, non ci fanno più paura. Chi ha accolto e continuerà a farlo, vivrà un vero Natale, perché accogliendo si accoglie il Bambino Gesù.

Giuseppe e Maria non trovarono ospitalità. Perché aprire le porte risulta così difficile, anche ai giorni nostri?
Perché l’incontro con l’altro diverso da noi ci interpella e mette in discussione le nostre abitudini e i nostri privilegi acquisiti, anche se non garantiti da un futuro sempre più incerto. Fare spazio all’altro implica rivedere i propri spazi. Il nostro egoismo ci porta a fare calcoli dettati dalla paura, illudendoci che chiudersi  in difesa sia la cosa migliore da fare. Questa tendenza istintiva viene poi incoraggiata da un certo clima e da certa propaganda interessata a far veder nell’altro un nemico piuttosto che un’opportunità e un dono.

Il presepe ha il profumo della tenerezza della famiglia. Eppure per molti – migranti, anziani, disabili, senza tetto, orfani – è sinonimo di solitudine e sofferenza. Si può vivere davvero il Natale senza guardare ai poveri, agli ultimi?
Non credo sia possibile. Perché il protagonista stesso del Natale, Gesù, “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. È lo stile di Dio che svuotò se stesso. È il grande mistero dell’incarnazione di Dio. Come ha ricordato papa Francesco: “La ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio.  Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle”.