Un metodo vincente
“La fabbrica del nemico è in grande forma: continua a giustificare la lontananza tra gruppi e appartenenze, siano esse politiche, etniche, culturali e religiose”. Occorre invece uscire da questo “inganno planetario”, afferma Franco Vaccari, presidente di Rondine.
Presidente Vaccari, nel discorso che il papa vi ha rivolto lo scorso 3 dicembre ha ricordato che “un leader che non si sforza di andare incontro al nemico, di sedersi con lui a tavola come fate voi, non può condurre il proprio popolo verso la pace”…
Le parole di papa Francesco sono sempre state per noi una bussola, ancora di più lo sono quelle rivolte direttamente alla nostra associazione. Abbiamo sentito un grande incoraggiamento e una comprensione profonda. Rondine è il luogo dove davvero si sta a tavola con il nemico e dove si scopre che il nemico è un inganno. Quindi sentirlo dire dal papa ci ha confermato in quello che portiamo avanti da 20 anni. La cultura del nemico blocca 2 miliardi di persone nel mondo, di cui 1,3 milioni di giovani. Per questo, anche all’Onu abbiamo ribadito che se quello che avviene a Rondine è vero, dobbiamo allenarci per togliere questo inganno planetario. E i primi ad uscire dalla logica del nemico che tiene separati devono essere i leader, chiamati a mettersi uno accanto all’altro.
Dopo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e papa Francesco, l’esperienza di Rondine è arrivata fino all’Onu. Quale è il messaggio che avete portato?
Abbiamo fatto un percorso intensissimo per qualità spirituale, politica ed istituzionale. Ciò che ci ha sorpreso è il fatto che ciò che abbiamo testimoniato e prospettato come visione culturale sia stato accolto.
Oggi i leader mondiali sono, nel migliore dei casi, delle brave persone ma si sono formati in un’epoca che ancora non era globalizzata. Serve invece una formazione adatta al nostro tempo e per questo è necessario che i leader si formino gli uni accanto agli altri.
Nella vostra quotidianità, i nemici diventano amici. Eppure questo è un tempo in cui il nemico è diventato capro espiatorio, oggetto di campagne politiche….
La fabbrica del nemico è in grande forma. È una fabbrica di menzogna che giustifica la lontananza tra gruppi e appartenenze, siano esse politiche, etniche, culturali e religiose. La logica del nemico crea una giustificazione, a partire dalla base sociale per arrivare ai vertici, per non incontrarsi. Da vent’anni, a Rondine, i nemici diventano degli amici che fanno progetti insieme e ottengono risultati a livello macro-sociale.
All’Onu si è verificata una cosa straordinaria, mai accaduta prima: i 30 giovani, ex nemici, che hanno letto l’appello sono cittadini ordinari che hanno dato una testimonianza personale e una visione globale. Spesso questi due aspetti sono separati, ma in questa occasione si è creata una saldatura e i nemici hanno dimostrato che questa condanna si può rovesciare. E questo è un fatto rilevante a livello culturale per la politica globale.
Non a caso, all’incontro all’ambasciata d’Italia a Washington è stato sottolineato che il metodo Rondine va studiato e va ancora più suffragato da discipline scientifiche.
Lo scorso 10 dicembre, all’Onu avete lanciato il vostro appello. Di cosa si tratta e cosa bisogna fare adesso?
Con la campagna “Leaders for Peace” abbiamo chiesto che ciascuno dei 193 Stati membri sottragga una cifra simbolica dal proprio bilancio della difesa e la indirizzi alla formazione di altrettanti leader globali in grado di intervenire nei principali contesti di conflitto del mondo, per promuovere lo sviluppo di relazioni sociali e politiche pacificate. Ora la missione è quella di portare gli Stati ad aderire all’appello e far sì che la società civile dia il proprio appoggio perché questo avvenga. Si tratta di spostare la bilancia e trasformare il costo di un’arma in una borsa di studio per un leader.
Quale è lo stato dell’arte dei progetti promossi in Mali e Nigeria?
Per quanto riguarda i progetti finanziati nell’ambito della campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare” siamo nel secondo anno per l’iniziativa in Mali e nel primo anno per quella in Nigeria. I tre ragazzi maliani hanno elaborato tre progetti di ricaduta sociale da promuovere in zone di grande povertà. Il 15 luglio torneranno a casa e realizzeranno le loro idee con il supporto del gruppo delle Rondini d’Oro. I tre giovani maliani hanno fatto parte della delegazione che è stata negli Stati Uniti: per loro è stata un’esperienza unica che ha dato forza e coraggio, ma è stata anche l’occasione per far conoscere il progetto della Cei che è stato molto apprezzato.
Guai se questo progetto lungimirante finisse! Sono tutte gocce nel mare, ma se continuiamo possiamo riuscire a costruire un pezzo di classe dirigente che può cambiare la storia di diversi Paesi.