Tutti responsabili
“È vergognoso che donne, uomini, bambini, vittime di un sistema di schiavitù, rimangano in balia delle onde del mare, ma più ancora lo è la nostra indifferenza mentre i potenti di turno litigano su come spartirsi le quote di migranti”, denuncia suor Eugenia Bonetti, presidente dell'Associazione “Slaves No More”.
di suor Eugenia Bonetti, presidente dell’Associazione “Slaves no more”
Il giorno 8 febbraio sarà celebrata la quinta giornata mondiale/ecclesiale contro la tratta di esseri umani che ha come slogan: “Insieme contro la tratta di persone”. Perché questa giornata di preghiera e riflessione contro questa nuova forma di schiavitù? Esiste ancora la schiavitù oggi? Siamo coscienti che la schiavitù di popoli africani portati nelle Americhe è stata abolita nel 1868 dopo anni di sfruttamento. È veramente una vergogna la costatazione che oggigiorno in Paesi cosiddetti evoluti ed emancipati, con valori cristiani, basati sul riconoscimento della dignità di ogni persona troviamo ancora tanto sfruttamento e forme subdole di schiavitù e alienazione!
Ma come è possibile che ancora oggi tante donne, provenienti in gran parte da Paesi dell’Est e dall’Africa vengano schiavizzate e usate sessualmente o come mano d’opera per alimentare un mercato di compra-vendita, nel quale la donna viene ridotta ad un oggetto senza valore, viene privata della sua dignità e libertà di decisione, bensì sottomessa e usata come se si potesse dare un costo alla vita umana.
Gruppi mafiosi di sfruttatori si servono della povertà e dell’ignoranza di donne sempre più giovani per arricchirsi e dar vita ad un mercato che è fra i tre mercati più fruttuosi al mondo. La tratta di esseri umani è un crimine contro l’umanità, ci ricorda sovente Papa Francesco, ed invece di essere contrastato e di diminuire, sembra che continui indisturbato ad agire, sempre più sviluppato e sofisticato.
Il clima di ostilità e di chiusura che oggi persiste e insiste, non solo in Europa, ma anche in Italia, non aiuta la situazione dei tantissimi migranti che arrivano sulle coste italiane stremati, abusati e disperati. È una vergogna la realtà che si consuma in mezzo al mare, quando gruppi di vittime (donne, uomini, bambini) di un sistema di schiavitù, rimangono in balia delle onde del mare, ma più ancora la nostra indifferenza mentre i potenti di turno litigano su come spartirsi le quote di migranti. Chi più si ricorda di questa domanda che anche oggi Dio Padre, Padrone della vita e dei beni della terra, costantemente ci ripete: “Dov’è tuo fratello? Dov’è tua sorella? Il loro grido è giunto fino a me”….
La chiusura dei centri per i migranti, delle case di accoglienza, i respingimenti senza considerare le storie singole di ogni persona che, per motivi diversi decidono di intraprendere un viaggio, talmente rischioso da portarli alla morte, non sono misure accettabili. I colpevoli in questa migrazione non sono le vittime di un sistema di schiavitù, ma il sistema di schiavitù stesso, mosso da gente senza scrupoli, senza un cuore e senza visione di un futuro diverso. E la storia di tanti popoli dovrebbe essere di monito. Non sono i muri, le sbarre e i confini a risolvere il problema dell’immigrazione.
Le migrazioni sono sempre esistite e l’idea di bloccare l’accesso di chi, per diverse ragioni, decide di spostarsi non può e non deve essere la soluzione. Si deve partire dal presupposto che chi migra sono donne, uomini e bambini, che fuggono da estrema povertà, fame, guerre e disuguaglianze. Ma chi li ha impoveriti se non i nostri stessi sistemi di vita e di consumo?
Ben venga quindi questa 5° giornata di preghiera e riflessione per ricordarci che siamo un po’ tutti e in diversi modi responsabili di questo esodo epocale di tanti fratelli e sorelle che bussano alle nostre porte per offrirci le loro forze lavorative, prendersi cura dei nostri anziani e soprattutto riempire le nostre culle vuote.