Inumano

Inumano

“Si gioca sulla paura, fomentando idee sbagliate sugli stranieri e distraendo così il Paese dai problemi reali”, lamenta suor Rosalia Caserta, da anni in prima linea nell’accoglienza di ragazze vittime della tratta, per la quale oggi “si è perso il senso della dignità”.

“Inumano”. Sceglie un aggettivo forte suor Rosalia Caserta, da anni in prima linea nell’accoglienza di ragazze vittime della tratta, per definire il modo di affrontare la questione migranti. “Si è perso il senso della dignità. È vero che l’Unione Europea deve intervenire, ma non si possono chiudere i porti. Prima di tutto ci sono le persone, poi si ragiona a livello politico”, taglia corto la religiosa, serva della Divina Provvidenza, che si dice “molto amareggiata per quello che sta accadendo”.  “Si gioca sulla paura, fomentando idee sbagliate sugli stranieri e distraendo così il Paese dai problemi reali. La gente sembra ipnotizzata e si aggrappa a chi grida più forte”, denuncia suor Caserta  per la quale “si è innescato un sentimento di paura che dilaga” mentre invece “dovremmo accogliere lo straniero, così come è accaduto a noi italiani e continua ad accadere oggi quando emigriamo”. “Viviamo con sofferenza questa situazione”, confida la religiosa che esprime preoccupazione anche per gli effetti del Decreto Sicurezza. “Tanti stranieri – lamenta – sono stati buttati fuori dai Cara e dalle comunità che li ospitavano. Ora chi se ne occupa? Tutto questo è inumano”.
Per suor Caserta, “i migranti rappresentano un’opportunità grande sia per loro che per noi”. “Possiamo darci tanto vicendevolmente e noi abbiamo bisogno di loro”, dice la religiosa che parla a ragion veduta. Da diverso tempo, con le consorelle, a Catania, si prende cura di donne, spesso giovanissime, finite nella rete dei trafficanti e degli sfruttatori. Oltre ad  una casa e ad una famiglia, le religiose lavorano per favorire la promozione umana e l’integrazione di tante ragazze. Grazie al progetto “Lievito di Speranza”, finanziato con i fondi della campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”, una ventina di loro hanno la possibilità di frequentare il laboratorio di pasta e pane, oltre al corso di italiano. “Ora conoscono molto meglio la lingua, escono e si muovono autonomamente, vanno alla scuola pomeridiana. Insomma, si vanno integrando”, racconta suor Caserta, sottolineando come la presenza e il protagonismo delle ragazze abbia avuto delle ricadute positive sulla comunità locale: “la percezione esterna sta cambiando, adesso vengono viste con simpatia.
Il progetto “Lievito di speranza” infatti è certamente un’occasione per le giovani straniere per  mettersi alla prova, misurare le loro capacità, imparare un mestiere e soprattutto scoprire “che possono farcela”. “Questo serve a loro stesse ed è di stimolo anche per le altre”, osserva suor Caserta. “In otto – aggiunge – hanno frequentato anche un corso di imprenditorialità organizzato nell’ambito di un progetto dell’Unicef: la loro idea è risultata la migliore e ora, con il denaro messo in palio, potranno realizzarla”. Un’altra piccola, grande soddisfazione per le serve della Divina Provvidenza e per le giovani straniere. Segno che “quando si sta dalla parte dell’uomo, si è sempre dalla parte giusta”.